Elenco dei termini

b

Betefredus (s. m.) — Struttura militare a carattere difensivo.

Termine attuale: battifredo

Forme flesse: betefredum [accusativo, singolare]

Etimologia

Oggetto relativo all'architettura militare. Non è completamente chiara la sua forma, né la sua etimologia. Il Battaglias: S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET. lo fa derivare dall’unione dei termini tedeschi bergen, 'difendere', e friede, 'pace', 'tranquillità', 'sicurezza'.

Il CoriCORI 1874: J. N. Cori, Bau und Einrichtung der deutschen Burgen im Mittelalter mit Beziehungen auf Oberösterreich , Linz., dall’alto tedesco moderno belfried, medio alto tedesco bervrit o berevrit (ant. franco bergfrid), composto di berc o berg, 'torre' (da bergen, 'coprire', 'riparare', prop. 'riparo'), e dalla radice vrit o fred col senso di 'conservare' da cui il tedesco fried 'pace', 'tranquillità', 'salvaguardia', 'difesa' a voler significare 'torre di difesa'.

Il termine sarebbe passato poi nel latino volgare come berfredus / belfredus, da cui il volgare battifredus. Tuttavia si potrebbe anche pensare che il volgare battifredum derivi dalle voci germaniche betée 'battere', (latino batŭere, da bātŭo, it. 'stare di fronte, davanti'; 'battere' nelle accezioni 'colpire', 'castigare', 'rompere'), e fried, 'tranquillità', 'sicurezza', dal probabile senso di 'struttura che si pone davanti a un pericolo per difendere la tranquillità interna'.

Descrizione

Dalle fonti emerge sia come struttura autonoma, anche in legno, lontana dalla fortificazione principale, assimilabile a una torre (Statuti di PontremoliCOSTA 1571: G.A. Costa (ed.), Pontremuli Statutorum ac Decretorum Volumen, Parmae.; Chartarium DertonenseCOSTA 1814: L. Costa (ed.), Chartarium dertonense, nunc primum editum e codice Regiae Taurinensis Bibliothecae, Augustae Taurinorum.), sia come torre principale del castello assimilabile al mastio (CORI 1874CORI 1874: J. N. Cori, Bau und Einrichtung der deutschen Burgen im Mittelalter mit Beziehungen auf Oberösterreich , Linz.).

In area francese il termine diventa beffroi e indica sia una torre in legno su ruote usata per gli attacchi, sia la torre più alta della città, dove le guardie sorvegliavano i dintorni e che ospitava la campana per lanciare l’allarme, in seguito i grandi orologi civici (LAROUSSE 1999LAROUSSE 1999: Dictionnaire de français, Paris, Larousse, consultato nella versione online.).

Occorrenze nei documenti

doc. 460-CCCCLXXXXVIIII p. 440 r. 8 « Turrim, casaturrim, dugnonem, betefredum, et castellum neque aliam forticiam sive de terra sive de lignis sive de petris sive de muro sive de aliqua alia materia »

Come si cita

Voce "betefredus", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

ALBERTI 1992: S. Alberti, Dizionario italiano-tedesco, tedesco-italiano, Milano. – v. p. 399 (voce tedesca bete)

s: S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET. – v. p. 119 (battifredo)

DEVOTO-OLI 2011: G. Devoto e G. C. Oli, Il Devoto-Oli 2011 : vocabolario della lingua italiana, a cura di L. Serianni e M. Trifone, Firenze 2010. – v. p. 300 (battifredo)

CARLINI 1763: D. Carlini, De Pace Costantiae, Disquisitio, Verona. – v. p. 242.

Settia 1997: A. Settia, Terra e legno nei documenti veronesi, in «Archeologia Medievale», XXIV, Firenze. – v. p. 440

TOMMASEO 1865: N. Tommaseo, Dizionario della lingua italiana. Nouvamente composto con oltre 100000 giunte ai precedenti dizionarii, Torino. – v. voce battifredo

CORI 1874: J. N. Cori, Bau und Einrichtung der deutschen Burgen im Mittelalter mit Beziehungen auf Oberösterreich , Linz. – v. pp. 14-59, in particolare p. 50

COSTA 1814: L. Costa (ed.), Chartarium dertonense, nunc primum editum e codice Regiae Taurinensis Bibliothecae, Augustae Taurinorum. – v. p. 34

COSTA 1571: G.A. Costa (ed.), Pontremuli Statutorum ac Decretorum Volumen, Parmae. – v. lib. I, cap. 3

LAROUSSE 1999: Dictionnaire de français, Paris, Larousse, consultato nella versione online. – v. voce beffroi

c

Caroçola (s. f.) — Forse oggetto per un servizio di trasporto.

Etimologia

Si tratta di un termine a doppia suffissazione che ha alla base il latino carrus 'carro', più il suffisso di tipo vezzeggiativo -uccio/a, latino -ucĕu(m), nella variante dialettale -ùzzo/a, a formare 'carrozzo' e il suffisso diminutivo –olo/a, latino eŏlus.

Descrizione

Il termine si trova in un documento del 1153 dove un certo Gottolo chiede in livello al vescovo di Luni Gotifredo, quanto un suo parente aveva avuto dal vescovo Filippo, case e terreni e la terza parte della caroçola, divisa con il vicedomino Aldeprando e gli uomini di Carrara.

Il termine, che segue alla menzione di due case poste nel castello di Ameglia, non sta a significare un nome di luogo, come invece hanno inteso Lupo GentileLUPO GENTILE 1912: M. Lupo Gentile, Il regesto del codice Pelavicino, in «Atti della Società Ligure di Storia Patria», XLIV. - che trascrive il termine con la C maiuscola - e Ferruccio SassiSASSI 1936: F. Sassi, Ricerche sull’organizzazione castrense nella Lunigiana vescovile, in «Giornale Storico e Letterario della Liguria», XII. - che parla di una “villa di Carozola“- e nemmeno indica un coltivo, in quanto quest’ultimo sarebbe stato probabilmente preceduto dal sostantivo ‘terra’, che si utilizza nello stesso testo (cfr. terra Angarecia, terra Parentore).

La posizione del termine nella frase e il fatto che il bene sia diviso in parti fa pensare ad un oggetto che producesse un reddito porzionabile, come ad esempio un servizio di trasporto di oggetti.

Occorrenze nei documenti

doc. 347-CCCLXXXVI « et terciam partem caroçola, sicuti dividitur cum Aldeprando vicedomino et cum hominibus de Carraria »

Come si cita

Voce "caroçola", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

SASSI 1936: F. Sassi, Ricerche sull’organizzazione castrense nella Lunigiana vescovile, in «Giornale Storico e Letterario della Liguria», XII. – v. 135–139, 199–21, p. 201

Cervatina (s. f.) — Legname utile in diverse pratiche agricole.

Forme flesse: cervatinas [accusativo, plurale] cervatinis [ablativo, singolare]

Etimologia

Il termine dialettale cervascini, che si può rendere in italiano con 'selvaggini', viene dal latino silvaticus (dal latino silva con il suffisso -aticus) che in italiano rende 'selvareccio', 'relativo alla selva', a cui è affisso il diminutivo plurale -ini a volerne significare le piccole dimensioni.

Descrizione

Il vocabolo si è mantenuto nell’uso dialettale dell’entroterra per indicare i polloni che crescono attorno al tronco degli alberi non domestici. Si tratta di giovani rami longilinei non ancora innestati, sviluppatisi direttamente dalle radici, specialmente da quelle dei ceppi del castagno; essi sono adatti per la pratica dell’innesto delle barbe per ottenere castagne del tipo domestico. In agricoltura se ne fanno vari usi per la facile reperibilità e la lunga durata nel tempo.

Occorrenze nei documenti

doc. 119-CII « Nullus deportet ultra sex cervatinas »

doc. 157-CXL « facibus et lisca et pro cervatinis »

Come si cita

Voce "cervatina", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

ROSSI 1896: G. Rossi, Glossario medioevale Ligure, Torino. – v. voce Calocchia

APROSIO 2003, S. Aprosio, Vocabolario ligure storico - bibliografico sec. X-XX, 2 vols. Savona, Società Savonese di Storia Patria, 2001-2003. – v. p. 257

Circulus (s. m.) — Oggetto di forma circolare.

Termine attuale: circolo, cerchio

Forme flesse: circulum [accusativo, singolare] circulorum [genitivo, plurale] circhio [ablativo, singolare]

Varianti: circhius circhio

Etimologia

Dal latino circŭlus, diminutivo di circus, nell’accezione di 'cerchio', 'circolo', 'circonferenza').

Descrizione

Nel contesto del Codice Pelavicino il termine si trova con due significati diversi a seconda del contesto: In relazione a diritti di sfruttamento dell’incolto e sempre al plurale. Si tratta molto probabilmente di rami ricurvi o di legami di forma circolare fatti di frassino o carpino o castagno. In relazione all'insediamento di luni e sempre al singolare per indicare l’anfiteatro di Luni, come si ritrova poi anche in una mappa del 1170 riguardante la frazione Nicola (MS), con il nome 'circolo' (Tipo geometrico, 1779ASGe 1779: Archivio di Stato di Genova, Tipo geometrico del corso che tiene il Torrente Parmignola nella pianura genovese e carrarese sino al mare (a. 1779), 775/Parmignola, 4.).

Occorrenze nei documenti

doc. 454-CCCCLXXXXIII « et circulos et ligna et fenum accipere »

doc. 264-CCCII « dicebant quod habebant certas terras in loco dicto Aguto sive circhio de Luna versus mare »

Come si cita

Voce "circulus", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

Dizionario del cittadino o sia Ristretto istorico, teorico e pratico del commerzio. Tradotto dal francese dal signor Francesco Alberti ed accresciuto dal medesimo in varie parti de' suddetti articoli, coll'aggiunta eziandio di quattro tavole, in cui si trova ad un tratto la corrispondenza de' pesi, misure, e reciproca valutazione delle monete fittizie e reali, Nizza. – v. p. 179

Colochius (s. m.) — Palo da viti cui si attacca l'estremità dei tralci.

Termine attuale: rocchio, rocchetto

Varianti: colocius, colocyus, colociyus

Etimologia

Il nome deriva dal latino colucus (colucus, corucus, coruca, ruca) diminutivo di colus, greco κέρας, ossia 'bastone', 'ramo' (v. anche il gr. хοϱμός 'tronco d’albero').

Descrizione

Con il termine colochii si nominavano i 'rocchi', ovvero piccoli tronchi di legno di sezione rotonda. In passato ambito ligure con il termine 'calocchia', o collicula ci si riferiva al palo utilizzato per sorreggere il pergolato.

Come si cita

Voce "colochius", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

ROSSI 1896: G. Rossi, Glossario medioevale Ligure, Torino. – v. voce Calocchia

APROSIO 2003, S. Aprosio, Vocabolario ligure storico - bibliografico sec. X-XX, 2 vols. Savona, Società Savonese di Storia Patria, 2001-2003. – v. p. 257

MÈNAGE G. 1685: G. Mènage, Le origini della lingua italiana, Venezia. – v. p. 404

Confratissa (s. f.) — Consorella, donna che appartiene allo stesso ordine religioso o alla stessa confraternita di un’altra. Forma femminile di confrater 'confratello'.

Termine attuale: consorella

Etimologia

Alla base del sostantivo c’è il termine latino medievale confraria, ossia confraternita, formato da fraternitas e dal prefisso con, ossia 'insieme'.

Descrizione

Forma femminile di confrater 'confratello', con riferimento al membro di una confraternita o di una comunità religiosa, da qui il significato di 'consorella'.

Come si cita

Voce "confratissa", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

SOLDANI M. E. 2010: M. E. Soldani, Uomini d’affari e mercanti toscani nella Barcellona del quattrocento , Barcellona. – v. p. 184

FULTON - CRAUCIUN 2011: E. Fulton e M. Crauciun, Mendicant Piety and the Saxon community, in Communities of Devotion: Religious Orders and Society in East Central Europe, Burlington. – v. p. 65

MAJOROSSY-SZENDE 2008: J. Majorossy e K. Szende, Hospitals in medieval and early modern Hungary, in Europäisches Spitalwesen : institutionelle Fürsorge in Mittelalter und früher Neuzeit, ed. M. Scheutz, Wien, pp. 409 - 454. – v. pp. 409 - 454

MARTINI 1679: P. G. Martini, Il spirituale, e s. esercitio del santiss. rosario della gloriosissima Madre di Dio Maria Vergine ... , in Torino nella stampa de gli heredi di Carlo Gianelli. – v. p. 133

f

Falanus (adj. m.) — Caratteristica di cavalcatura.

Termine attuale: cavalcatura

Etimologia

L’unicità del riscontro e l’incertezza sulla grafia rendono difficile l’indagine su origine e significato di questo aggettivo. Segnaliamo la possibile corruzione per metatesi di al dell’arabo alfana (alfana < falana), nel senso più generico di 'cavalcatura'.

Descrizione

Il termine con funzione aggettivale si trova una sola volta nel Codice Pelavicino in riferimento a una cavalcatura.

Come si cita

Voce "falanus", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

GHERADINI G. 1838: G. Gheradini, Voci e maniere di dire italiane additate a’ futuri vocabolaristi, vol. 1, Milano. – v. voce Alfana

g

Gredelatus (adj. m.) — Aggettivo usato in passato per indicare il risultato dell’azione compiuta dalla 'gretola', attrezzo costituito da due asticelle ricurve e unite all’estremità da una striscia di cuoio detta correggia atto alla separazione dei chicchi dalle spighe, procedimento che in genere si effettuava nell’aia di casa.

Termine attuale: separato, sgranato

Etimologia

Alla base del verbo gretolare c’è il sostantivo 'gretola' (dal latino volgare cretrulum, collegato con clatra-orum, 'grata').

Descrizione

Nel contesto del Codice Pelavicino si dice gredelato il frumento da portare come pagamento per un fitto, che deve essere inoltre numerato ossia contato, di quantità corretta, pulito e secco.

Con il termine 'gretola' si trovano indicate anche altre cose dalla forma sottile e ricurva, quali la scanalatura ricavata nella parte inferiore delle macine dei mulini a trazione animale; il vimine usato per costruire le gabbie, in particolare quelle per gli uccelli e quelle per il trasporto del pollame.

Come si cita

Voce "gredelatus", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

PETROCCHI 1912: P. Petrocchi, Novo Dizionario Universale della Lingua Italiana, Milano. – v. p. 1099

BARTEL 1636: S. Bartel, Historica et chronologica praesulum sanctæ regiensis Ecclesiæ nomenclatura. Necnon prolegomena, reiorum Apollinarium antiquitatem, auctorum testimoniis, et lapidum epigraphis comprobantia ,Aquis-Sextiis, apud Stephanum David, Regis, Cleri, atque urbis typographum, hæred. I. Tholosani. – v. p. 49

i

Iscaria (s. f.) — Ufficio attinente al potere pubblico.

Termine attuale: scario, scarione, istituto dello scario

Varianti: yscaria, iscaria, escarius, hescarius, iscarius, scarius

Etimologia

I termini iscaria e scarius o iscarius, derivano dal longobardo *skarjan (Francovich OnestiNicoletta Francovich Onesti: La lingua dei Longobardi, caratteristiche e problemi, contributo caricato dall'autrice su Academia Edu.) col quale si identificava una funzione e un ruolo attestato nell’editto di Rotari (643) poi ripreso dalle leggi di Liutprando (713-715) (PertilePERTILE 1873: A. Pertile, Storia di diritto italiano dalla caduta dell'impero romano alla codificazioneI, Padova.).

Descrizione

Il termine nel periodo longobardo si riferisce alle funzioni di ufficiali minori dell’amministrazione longobarda; il suo uso tuttavia perdura nel tempo e si ritrova in numerosi testi normativi del pieno e basso medioevo.

Nel Trentino ancora fino alla fine del secolo scorso si denominava scario il capo del comune di Fiemme. Possiamo dire genericamente che nel Medioevo l’iscaria era un ufficio attinente al potere pubblico ed retto da un funzionario detto appunto scario o iscario; norme differenti da luogo a luogo ne regolavano la nomina, le funzioni e la durata del mandato.

Nel documento emanato in Sarzanello il 3 aprile 1212, il vescovo di Luni conferma e rinnova agli operarii della corte di Sarzana alcune concessioni fatte dai suoi predecessori consistenti nella franchigia sulla caneva, sulla castaldia e sull’iscaria in cambio di prestazioni gratuite; fra queste quella di ricoprire per il periodo di un anno l’incarico di scario a fronte del quale sarebbero stati ricompensati con un feudo.

Dal medesimo testo si ricava inoltre che lo scario veniva nominato dal vescovo o dai curiales e che doveva essercene almeno uno per ogni distretto, comitato o castello che fosse; questi assumeva il nome di yscarius districtus. L’affidare ad un operario tale funzione non doveva necessitare di specifiche competenze dato che lo scario veniva quasi sempre affiancato da periti o tecnici esperti nei vari settori.

Occorrenze nei documenti

doc. CI 118, 214 v. « Uterque enim eorum, velut in eodem instrumento legebatur, condonavit et remisit per se et suossuccessores omnibus suprascriptis operariis dona et opera atque quod nullus eorum cogatur ad canevam recipiendam necad castaldiam neque ad iscariam, nisi per voluntatem, excepto quod omni anno debet unus eorum esse iscarius, si fuerit voluntas episcopi, et debet suum feudum habere »

Come si cita

Voce "iscaria", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

Nicoletta Francovich Onesti: La lingua dei Longobardi, caratteristiche e problemi, contributo caricato dall'autrice su Academia Edu. – v. pp. 1, 4

PERTILE 1873: A. Pertile, Storia di diritto italiano dalla caduta dell'impero romano alla codificazioneI, Padova. – v. vol. 1, pp. 96, 97, nota 93

DEVOTO-OLI 2011: G. Devoto e G. C. Oli, Il Devoto-Oli 2011 : vocabolario della lingua italiana, a cura di L. Serianni e M. Trifone, Firenze 2010. – v. p. 1086

RINALDI 2000: R. Rinaldi, La normativa Bolognese del ‘200: tra la città e il suo contado, in Acque di frontiera. Principi, comunità e governo del territorio nelle terre basse tra Enza e Reno, secoli 13.-18., ed. F. Cazzola, Bologna, pp. 139-164. – v. pp. 330-33

CORI 1874: J. N. Cori, Bau und Einrichtung der deutschen Burgen im Mittelalter mit Beziehungen auf Oberösterreich , Linz. – v. pp. 14-59, in particolare p. 50

BRUNETTI 1806: F. Brunetti (ed.) Codice Diplomatico Toscano, Firenze 1806. – v. pp. 557, 726, 729

Iuva (s. f.) — Misura di terra.

Etimologia

Deriva probabilmente dal latino glēba (gleba < ghieva < ghiova), 'pezzo di terra', 'zolla', vicino al germanico klotz, klosz, 'massa', 'globo' nel senso di massa di terra.

Descrizione

Nell’ambito delle antiche misure agrarie di Sarzana e liguria di Levante, con la forma dialettale giova, ci si riferiva allo iugero:

“... Che col prezzo di un solo scudo d’oro imperiale facevasi anticamente la compra d’un Iugero di terreno, detto volgarmente una giova, nel piano di Sarzana, che suol consistere in quattro quartieri, calcolati a ragione di canne 37 e mezza per ognuno, e di palmi venti per canna, e che ridotta la giova in quadratura perfetta, porta in circonferenza canne 150 in misura, o sia palmi tremila di terreno, dove oggigiorno si valuta una giova di terra né siti migliori, e più prossimi alla città, fino a mille lire.”

(anno 1757). La misura agraria detta giova corrispondeva quindi a quattro quarti, ossia 0, 35450116 ha (ara). La giova di Vezzano misurava 3692,72 metri quadrati.

La parola giova era usata in passato anche per significare il ‘piallaccio’, quanto resta della parte esterna di un tronco d'albero che sia stato squadrato, tondo dal lato coperto di corteccia e piatto dall'altro, il sottile foglio di legname per fare legni compensati e la morsa del falegname.

Come si cita

Voce "iuva", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

s: S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET. – v. voce giova

CRUSCA LESSICOGRAFIA, Accademia della Crusca, Lessicografia della Crusca in rete.DOI: 10.23833/BD/LESSICOGRAFIA. – v. p. 375

PETROCCHI 1912: P. Petrocchi, Novo Dizionario Universale della Lingua Italiana, Milano. – v. p. 1285

SILVESTRI F. 1992: F. Silvestri, Civiltà del castagno in montagna pistoiese, in Glossario del dialetto (vernacolo) dell’alta montagna pistoiese, Firenze. – v. voce ghiova

MÈNAGE G. 1685: G. Mènage, Le origini della lingua italiana, Venezia. – v. p. 252

TARGIONI TOZZETTI 1779: G. Targioni, Relazione d'alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli antichi monumenti d'essa , 2a ed., Firenze 1768-1779. – v. tomo 11, p. 441

MEYER-LÜBKE 2009: W. Meyer-Lübke, Romanisches etymologisches Wörterbuch (REW),, Heidelberg, 4ª edizione, 1968; ristampa 2009. – v. p. 323

m

Mortana (s. f.) — Oliva da olio e non da mensa.

Termine attuale: oliva nera, mortanina, mortina

Varianti: mortellina, mortina

Etimologia

Si tratta di un vocabolo ormai estinto, che alla base porta l’aggettivo sostantivato 'morta' (da 'morto', 'morire', 'mori', dal latino mortuus), a cui è attaccato il suffisso femminile plurale del tipo causativo -âne (dal costrutto latino a- anis), entrato nell’uso in Toscana circa il sec. VIII d.C. Pertanto il termine mortane dovrebbe essersi formato sul modello morta, mortanis 'di morte', nell’accezione di 'cosa scura', il colore che nell’immaginario collettivo richiama la morte, qui a voler significare 'oliva di colore bruno scuro'.

Descrizione

La mortanina (volgare 'mortina') è un’oliva che cresce prevalentemente nell’entroterra ligure perché più resistente al freddo e alle nebbie, raggiunge la maturazione circa il mese di novembre in quanto più tardiva rispetto alle altre ed ha un’ottima resa in olio, circa il 19/20%. La coltivazione di questa specie d’olivo, detto 'elcina', oggi è alquanto meno diffusa di un tempo.

Nell’ambito del Codice Pelavicino è citato uno staio di olive della varietà mortane che la comunità di Cassola - luogo situato presso Bastremoli nel comune di Follo Alto - doveva consegnare alla curia vescovile di Luni ogni anno a Natale. In Lunigiana esistono anche due toponimi il cui significato rimanda probabilmente ad altrettanti boschi d’olivo della varietà mortanina che sono: Mortedo, presso Santo Stefano Magra e Mortanedo, a monte di Tellaro.

Occorrenze nei documenti

doc. 437-CCCCLXXV « In domo illorum de Cassola omni anno I amiscere sine vino et VIII denarios pensione et I starium mortane ad Natalem »

Come si cita

Voce "mortana", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

s: S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET.

GERA 1842: F. Gera, Nuovo Dizionario universale e ragionato di agricoltura, Venezia. – v. vol. 17, p. 68 - 71

TAVANTI G. 1842: G. Tavanti, Trattato teorico-pratico completo sull'ulivo che comprende la sua istoria naturale, e quella della sua cultura, Firenze. – v. pp. 68, 69

LIGUCIBARIO 2019: Alfabeto del gusto, in Ligucibario . – v. Alfabeto del gusto

p

Palafredus (s. m.) — Cavallo dal passo tranquillo.

Varianti: palefredus

Etimologia

La parola palafredus o palefredus (alle volte palfredus), è composta dalle voci germaniche pala / pale (ted. zelter, italiano 'ambio', zool. 'passo del cavallo') e dal basso tedesco friede, antico frithu (antico francese palefreid, palefroi), latino medievale fridus o fredum, qui nell’accezione di 'tranquillità', 'sicurezza'.

Descrizione

Si tratta di un termine usato per indicare gli equini, in particolare il cavallo nobile da sella usato per lo più per il viaggio o per la parata.

Come si cita

Voce "palafredus", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

NOVUM_GLOSSARIUM 1985: Novum glossarium mediae latinitatis: ab anno DCCC usque ad annum MCC, edendum curavit Consilium academiarum consociatarum. , vol. P-Panis, Hafniae. – v. pp. 95, 96

DU CANGE 1887: Charles du Fresne, sieur du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitatis, Niort. – v. PARAVEREDI

r

Rastellus (s. m.) — Per rastello tra medioevo ed età moderna si intende sia l’attrezzo agricolo formato da un regolo dentato fissato a un lungo manico e usato per lo più per raccogliere e accumulare fieno, sia una sorta di palizzata fatta di pali di legno appuntiti usata per chiudere i campi o segnare un confine.

Termine attuale: rastello, rastrello

Etimologia

La parola rastellus viene dal latino rastrum 'sarchiello', 'rastrello''.

Descrizione

Nel contesto in cui appare nel codice, ossia una lista di censi, e considerando anche che in Piemonte il toponimo Rastelli indica un territorio riservato alla fienagione si presume che per un rastello si intenda per traslato 'una certa quantità di fieno rastrellato', in maniera analoga alla biestra/viestra, ossia una bracciata di fieno composta col rastrello.

Come si cita

Voce "rastellus", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

MICHELANGELO 2017: B. Michelangelo, I nomi di luogo delle Alpi sud-occidentali. Note di Toponomastica, Cuneo. – v. p. 236

FABBIANI 1977: G. Fabbiani, Breve storia del Cadore, Magnifica Comunità di Cadore. – v. nel capitolo sulle misure antiche.

s

Scafa (s. f.) — In epoca romana, barca priva di vela usata per le comunicazioni tra la costa e le navi da guerra e mercantili, e come lancia di salvataggio nei naufragi. Nel medioevo, navicella o imbarcazione destinata al servizio di un’unità maggiore.

Termine attuale: scafa, scafario

Etimologia

La parola scafa viene dal latino scapha 'barchetta', 'navicella', gr. σκάϕη, skáphē.

Descrizione

Con il termine scafa sia in epoca romana sia nel medioevo ci si riferiva ad una piccola imbarcazione o ad un piccolo battello senza vela usati nella navigazione fluviale per il trasporto da una sponda all’altra di materiale o persone. Nel Codice Pelavicino è governato da scafari v. scafarius.

Come si cita

Voce "scafa", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

s: S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET. – v. p. 739

DEVOTO-OLI 2011: G. Devoto e G. C. Oli, Il Devoto-Oli 2011 : vocabolario della lingua italiana, a cura di L. Serianni e M. Trifone, Firenze 2010. – v. p. 2507

MEYER-LÜBKE 2009: W. Meyer-Lübke, Romanisches etymologisches Wörterbuch (REW),, Heidelberg, 4ª edizione, 1968; ristampa 2009. – v. p. 634

VTO: Vocabolario Treccani Online – v. scafa

Scafarius (s. m.) — Barcaiolo.

Termine attuale: scafario

Etimologia

Il termine deriva dal latino scapha 'barchetta', 'navicella', gr. σκάϕη, skáphē.

Descrizione

Lo scafarius nel Codice Pelavicino è chi governa la scafa v. scafa.

Come si cita

Voce "scafarius", Terminologia del Codice Pelavicino, (URL) [consultato in AAAA/MM/GG], in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014

Bibliografia

s: S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET. – v. p. 739