Continuano l’edizione e gli studi

Cari amici del Codice Pelavicino Edizione Digitale

Altri cinque documenti vedono la luce. Prima di elencarveli abbiamo il piacere di annunciarvi la prossima uscita di un articolo a due mani (Enrica Salvatori e Sergio Mussi) sulla questione di Xago e Trepuncio presso Avenza, già discussa sul sito. Appena disponibile lo aggiuneremo nella sezione “materiali”.  Inoltre una laureanda di Informatica Umanistica ha preso in carico la gestione dell’indice cronologico dell’edizione (con eventuale creazione di timeline) e un laureando sta invece studiando la modalità di visualizzare su mappa i luoghi di redazione degli atti: anche per queste novità ci auguriamo di darvi qualche informazione a breve.

Ora ecco i documenti. Buona lettura.

343- CCCLXXXI e CCCLXXXII
1252 luglio 30, nel castello di Moneta (in castro Monete, in porticu domus Martini de Plaça) 1254, Ameglia (Amelie, in curia)
Ardoino di Petrognano, Veltro e Goffredo del fu Guglielmo di donna Emma, Vivelda del fu Salveto assieme al marito Nicolosio, Guglielmino di Gragnano curatore di Saladinello del fu Iacopino Malaraice, vendono al vescovo di Luni Guglielmo per 34 lire di imperiali alcuni villani con l’intero podere e i redditi relativi. In particolare il fitto versato dai villani Albergo di Valdonica e Salveto di Fontanella ammonta a mezzo sestario di frumento, quello di Meliorato di Melia a un sestario di castagne secche. Vendono inoltre numerosi altri fitti provenienti da poderi variamente dislocati. Acconsentono all’operazione i coniugi Salizia e Alberto de Buiano. Due anni dopo Lorenzo del fu Vitale e Albergo di Valdonica, a nome proprio, ed Oliverio di Valdonica, in qualità di tutore di Gibertina, figlia del fu Bonacorso de Fontenella, dichiarano di voler essere villani di Gugliemo, vescovo di Luni.

Edizione parziale in Lupo Gentile 1912, n. 381, pp. 361-362 e n. 382, p. 362. Lupo Gentile, rispettando la numerazione del Codice, separa due documenti che sono invece legati, dato che il secondo testo non è autonomo, ma presuppone necessariamente il primo.

344-CCCLXXXIII
1255, ottobre 22, Ponzanello (in ecclesia de Ponçanello)
Guglielmo, vescovo di Luni, loca a Rapallo del fu Barzo di Guaraçano un pezzo di terra vignata in Barbazzano. Il fitto ammonta a due congi di mosto e mezza libbra d’olio.

Lupo Gentile data per errore al 1254 anziché 1255, come indicato nel documento. Nel 1255 correva in effetti l’indizione XIII e, di conseguenza, viene a cadere l’osservazione di Mazzini 1914, p. 25.

 345-CCCLXXXIIII
1235 febbraio 24, Ameglia (in Amelia, ante plebem)

Guglielmo, vescovo di Luni, loca a Caravita del fu Bonagiunta Parteconi, a Bonvillano del fu Accorso detto Papa, a Pasquale del fu Accorso di Barbazzano, tutti suoi uomini, un pezzo di terra in Portesone, nel luogo detto Picceta. Il fitto annuale per Pasquale e Bonvillano ammonta a quattro congi di mosto, per Caravita a quattro congi di mosto e mezza libbra d’olio.

Edizione parziale in Lupo Gentile 1912, n. 384, pp. 363-364, con la data 1235 marzo 1. Il VII kalendas martii è il 23 febbraio e non il 1° marzo; ma il 23 febbraio del 1235 cadeva di venerdì e, pertanto, non può corrispondere al die sabbati del documento. La data deve perciò essere corretta in VI kalendas martii, 24 febbraio: cfr. Mazzini 1914, p. 25.

 346 -CCCCLXXXVXXXV
1223 aprile 15, Sarzana (in burgo Sarzane, in domo quondam Philippini)
Il giudice Iacopino di Norandino sentenzia nella causa vertente tra Bonavita de Balognano, figlio del fu Giovanni, da una parte e Bernardo di Sommovigo con la moglie Romea del fu Gerardino di Sorbo dall’altra. L’oggetto della causa è un podere che Bonavita reclama per sé, tenendolo ora per conto del vescovo tale Bonfante di Ameglia, ma gestendolo prima il padre di Bonavita Giovanni e eradetto podere del fu Gerardino Bifolco e del fu Nuvolone, all’interno del manso di Balognano. Il giudice, essendo contumaci i coniugi Bernardo e Romea, assegna il podere a Bonavita a meno che i detti coniugi non paghino le spese processuali entro un anno e un giorno.
347-CCCCLXXXVI
1153 giugno 1, Ameglia (castro Amelia)

Gottolo, figlio del fu Amato di Ascletulo, chiede in livello al vescovo di Luni Gotifredo, quanto Gerardo, suo parente, aveva avuto dal vescovo Filippo, ossia due case nel castello di Ameglia, la terza parte della caroçola, divisa con il vicedomino Aldeprando e gli uomini di Carrara, vigne, castagneti e il manso di Sorolo in Plastra, un pezzo di terra in Pontesella, due iugeri e 48 solchi a Capo Corvo, due iugeri a Isolella, 4 iugeri a Isola, altri 3 iugeri in località non definita, uno iugero rispettivamente in Formicosa, in Guado de Insula, in Banco, in Cavallo, un pezzo di terra in Ramaro e tre pezzi in Marmore. Il fitto annuo consiste 9 denari milanesi e nell’impegno ad abitare nel castello di Ameglia e a guardie notturne, custodia diurna della porta, ospitalità, caccia e uccellagione nel casale.

Il documento reca la data 1153 giugno, senza indicare il giorno, die lune kalendas iunii, espresso nell’escatocollo, ossia il 1° giugno: Mazzini 1914, p. 25. L’autentica è riconducibile al primo quarto del XIII secolo.

Non è evidente cosa sia la caroçola. Possibile la traduzione in carro/carroccio (http://ducange.enc.sorbonne.fr/CAROZOLUM) ma anche in un attrezzo più complesso utile al lavoro nei campi (carrucare: http://www.classicitaliani.it/muratori/dissertazioni/dissert19.htm e http://ducange.enc.sorbonne.fr/CARRUCARE).