Ragioni

Dietro all’edizione digitale del Codice Pelavicino c’è una lunga storia.

L’unica edizione a stampa disponibile (LUPO GENTILE 1912) è stata nel tempo valutata dagli studiosi non pienamente soddisfacente per diverse ragioni: contiene errori, omette large parti del testo e non è in linea con gli attuali criteri di edizione critica di una fonte medievale.

Nel 1939-40 Pietro Fedele, allora Presidente dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, chiese a Geo Pistarino – allora studente, iscritto all’ultimo anno della Facoltà di Lettere dell’Università di Roma – di fare una nuova edizione del Codice. Per la cortesia del vescovo e del Capitolo di Sarzana il Codice venne quindi trasferito a Roma e depositato presso la sede dell’Istituto, dove  Pistarino si mise  all’opera. Tuttavia la seconda guerra mondiale lo costrinse a tralasciare gli studi e ad abbandonare la capitale (BALLETTO 2006).

Negli anni Cinquanta e Sessanta, Geo Pistarino riprese anche saltuariamente a lavorare sul Codice e a studiare  la Lunigiana medievale, ma il dilatarsi dei suoi interessi di ricerca e il moltiplicarsi degli impegni didattici e  accademici lo portarono a dedicare sempre meno tempo al codice e a  tralasciare le ricerche lunigianesi (BALLETTO 2006).

Una tappa importante fu certamente il 1987, anno  in cui il Capitolo della Cattedrale di Sarzana e l’Accademia Capellini organizzarono il convegno  Alle origini della Lunigiana  moderna nel settimo centenario della redazione del Codice Pelavicino (Lerici 18 -19 settembre). Negli Atti, tra i nuomerosi saggi di valore, si deve segnalare proprio il contributo di Geo Pistarino  Per una nuova edizione del Codice Pelavicino, in cui lo studioso riferisce la lunga storia dell’edizione ed avanza alcune proposte per gli indici onomastici (PISTARINO 1990).

Nel 2001, di fronte alle rinnovate e pressanti sollecitazioni ed insistenze di alcuni membri dell’Accademia Lunigianense di Scienze e Lettere “Giovanni Capellini” (La Spezia), Pistarino accettò di riprendere l’antico progetto interrotto; tuttavia, ormai più che ottantenne ed in precarie condizioni di salute, si rese conto di non poter portare a termine da solo l’impresa e cercò la collaborazione di Laura Balletto e Edilio Riccardini (BALLETTO 2006).

La nuova équipe, che registrò anche l’aiuto del dott. Franco Mariano, socio della stessa Accademia Capellini, incontrò tuttavia alcune difficoltà, dovute a incomprensioni di diversa natura.

Vennero comunque trascritte tutte le parti non ancora trattate da Pistarino e poi si iniziò la collazione, lunga e molto impegnativa, anche per il frequente ricorso alla lampada di Wood. Nel frattempo si aggiunsero altri collaboratori:  Romeo Pavoni (Università di Genova),  Enrica Salvatori (Università di Pisa) e Franco Bonatti (Accademia Capellini) e si procedette alla riproduzione fotografica del codice su supporto digitale a cura di alcuni soci dell’Accademia Capellini.

I tempi continuavano tuttavia ad allungarsi e contemporaneamente si faceva più difficile programmare una edizione tradizionale cartacea, anche per la mole stessa del lavoro e il parallelo crescere dei costi di stampa.

Nel 2014 Enrica Salvatori, nel frattempo divenuta direttrice del Laboratorio di Cultura Digitale dell’Università di Pisa, propose il passaggio a un edizione digitale basata su immagini e in progress, da attuarsi tramite codifica della trascrizione, visione contemporanea dell’immagine digitale del codice, accesso all’apparato critico e agli strumenti di corredo, per mezzo del sofware open source EVT. Tale proposta è stata accettata da tutti gli enti interessati  alla pubblicazione, ossia il Capitolo della cattedrale di Sarzana, l’Accademia “G. Capellini” e il Centro di Formazione e Cultura “Niccolò V”.  È stato di conseguenza formato un nuovo comitato scientifico e una équipe di lavoro, quest’ultima molto più ricca e articolata del gruppo originario, che è riuscita a portare a termine la pubblicazione nel 2020.

Possiamo sintetizzare le ragioni che hanno portato alla scelta di pubblicare digitalmente il Codice Pelavicino in due distinti aspetti:

  1. Ragioni pratiche
    L’edizione digitale ha permesso una edizione parziale del lavoro, ossia la consegna agli studiosi interessati di varie tranche dell’edizione, senza che l’attesa – già protrattasi per lungo tempo – dovesse continuare ancora e attendere la chiusura definitiva dei lavori. Lungi dall’essere un dato negativo la pubblicazione parziale ha avuto un duplice e benefico effetto:

    • incentivare gli studiosi impegnati da anni nella trascrizione del documento e demotivati dalle lungaggini intevenute nel tempo così come  gli enti promotori;
    • consentire il coinvolgimento di altri studiosi: la pubblicazione parziale in versione beta e con accesso tramite un sito/blog ha infatti agevolato la partecipazione di quanti – o perché studiosi della Lunigiana medievale, o perché diplomatisti e paleografi, o ancora storici e filologi digitali – potevano utilmente intervenire facendo correzioni e osservazioni, suggerendo miglioramenti, rilevando problemi di navigazione. Tali osservazioni sono state tutte prese in considerazione dai responsabili dell’edizione e aggiunte quanto ritenute valide.

Tale coinvolgimento ha previsto prima il sollecito tramite sito/blognewsletter e, in un secondo tempo, anche il ricorso a social network, in particolare Facebook. In quest’ultima sede sono stati pubblicate, in gruppi mirati interessati alla storia della Lunigiana, comunazioni generiche  – come l’annuncio della pubblicazione di nuovi documenti –  e specifiche – la richiesta d’aiuto per l’individuazione di termini e toponimi. La risposta del pubblico è stata estremamente positiva: da un lato i contributi sono risultati mediamente di ottimo livello e hanno effettivamente portato miglioramenti all’edizione, dall’altro l’edizione in sé è stata oggetto di scambi autonomi e di discussione all’interno dei gruppi social, portando di fatto alla promozione e diffusione del prodotto culturale.

La stessa presentazione del complesso del lavoro in un sito/blog consente agli studiosi impegnati nella trascrizione di aggiornare gli studiosi su i progressi via via fatti nella lettura dei testi ancora da pubblicare, nei problemi incontrati nella codifica, nei dubbi di lettura e così via. L’insieme di questa attività di comunicazione che guarda molto all’interfaccia utente sia a livello di consultazione della fonte sia a livello di sito e che combina tra loro più metodi di relazione con i diversi pubblici di fatto configura il Codice Pelavicino Edizione Digitale come  un progetto di public history, in quanto presenta un prodotto culturale legato alla nostra storia pensato appositamente per favorire la partecipazione attiva del pubblico (NOIRET 2009).

  1. Ragioni metodologiche
    • Si tratta di un’edizione basata su immagini. L’idea di una digitalizzazione sistematica dei manoscritti antichi, con il duplice scopo di tutelare i supporti originali e fornire l’accesso a documenti non altrimenti consultabili, costituisce ormai una priorità condivisa (DEGL’INNOCENTI 2007). La semplice riproduzione dell’immagine di un manoscritto non costituisce, tuttavia, una vera edizione critica: perché questo avvenga l’utente deve essere messo in grado di accedere sia all’immagine, sia alla trascrizione, sia a tutto l’apparato critico considerato necessario dalla comunità scientifica.
      Nel caso specifico del Codice Pelavicino, si è deciso di basarsi su un modello particolare di edizione digitale: l’image-based digital edition (KIERNAN 2007). In questo caso, ogni pagina del testo trascritto e annotato viene collegata alla sua rispettiva immagine, in modo da fornire anche la consultazione del volume nella sua forma originaria. Tramite una idonea codifica del testo  tutte le caratteristiche e gli strumenti delle edizioni digitali tradizionali sono state poi  integrate per garantire un prodotto che intende superare i limiti intrinseci di una pubblicazione cartacea senza perdere di validità (DEKHTYAR 2006).
      Le image-based digital edition hanno iniziato ad affermarsi come importanti risorse per gli studi umanistici solamente negli ultimi anni e, per questo motivo, sono ancora poco diffuse. A questo proposito, si possono citare il progetto dell’Electronic Beowulf, composto da una vasta selezione di immagini del manoscritto originale (PRESCOTT 1997), e il Digital Vercelli Book, sviluppato con il software EVT su iniziativa di Roberto Rosselli del Turco (ROSSELLI DEL TURCO 2009).
      L’edizione digitale del Codice Pelavicino è stata sviluppata proprio sulla base del software EVT che, per l’occasione, è stato ampliato e modificato per potersi adattare alla particolare composizione del manoscritto.
    • la codifica dei testi è stata attuata in XML, un linguaggio di markup di tipo descrittivo. A differenza dell’HTML, l’XML consente infatti di marcare il testo anche parola per parola o all’interno di una parola stessa e poi scegliere liberamente il tipo di rappresentazione da applicare al testo a seconda del software che di volta in volta lo riproduce; inoltre consente di poter ricercare in maniera selettiva gli elementi del testo che sono stati marcati: in sostanza separa la struttura dalla rappresentazione ed è considerato dall’attuale e vasta comunità scientifica impegnata nell’edizione digitale di testi storici il miglior metodo attualmente a disposizione a tale scopo. In sintesi i vantaggi dell’uso dell’XML riguardano il fatto che i documenti codificati in questo modo sono indipendenti dall’hardware e dal software che si utilizzano e  possono quindi essere visualizzati in maniera diversa tramite opportuni fogli di stile, essere “marcati” in modo da operare ricerche di tipo semantico e consentire visualizzazioni multiple.
      L’XML consente di personalizzare il proprio sistema di codifica e quindi, in teoria, ogni nuova edizione potrebbe suggerire un proprio “codice”. Tuttavia nel settore  si è ormai imposto da tempo a livello internazionale il sistema di codifica elaborato dalla Text Encoding Initiative (TEI), che ha sviluppato e continua a implementare una serie di linee guida per la codifica di testi umanistici. La presente edizione del codice è stata codificata secondo le linee guida P5 della TEI, le ultime rilasciate alla data corrente (dicembre 2014). Questa scelta pone l’edizione del Codice Pelavicino all’interno di una nutrita e attiva comunità di filologi e storici digitali e favorisce, proprio grazie all’uso di uno standard condiviso ma continuamente rielaborato, che vi siano apporti ulteriori al miglioramento delle stesse linee guida o alla enucleazione di problematiche prima trascurate.
    • il software EVT, open source, qui utilizzato per la visualizzazione, consente di accedere contemporaneamente all’immagine del testo codificato, alla sua trascrizione e all’apparato critico, oltre che a tutta una serie di strumenti di corredo utili alla fruizione del testo. L’accesso simultaneo all’immagine facsimile e alla trascizione, oltre che al regesto e alle diverse tipologie di note critiche, permette al lettore, più o meno esperto, un controllo diretto e puntuale sul lavoro fatto dagli editori e quindi una trasparenza, nel processo di edizione, che la pubblicazione tradizionale impedisce.
    • La codifica e il sistema di visualizzazione combinati permettono poi altre funzionalità non banali per gli studiosi interessati al testo, alla scrittura e alla forma del codice:
      * è possibile evidenziare per ogni documento, con colori diversi, gli elementi  più rilevanti, quali le date, i nomi di persona e di luogo, gli enti, i mestieri/ruoli, le monete;
      * si può  attuare a una ricerca per testo libero come consultare le liste e gli indici predisposti;
      * si possono evidenziare tutti i signa tabellionum del codice, sia nel sistema di visualizzazione come nel catalogo appositamente predisposto sul sito.


Come si cita questa pagina:

E. Salvatori, E. Riccardini, R. Rosselli Del Turco, Ragioni <http://pelavicino.labcd.unipi.it/il-codice/ragioni/>, in E. Salvatori [et al.] (a cura di), Codice Pelavicino. Edizione digitale, 2a ed., 2020 [consultato in AAAA/MM/GG]