Le diverse parti in cui ora è composto il codice, a esclusione dell’attuale doc. 528, vennero assemblate in una prima rilegatura plausibilmente conservata nella sede del vescovo di Luni, ossia nel castrum Sarzane, attuale fortezza di Sarzanello.
Alla fine del XIV secolo il codice si trovava presso il monastero di Santa Croce alla foce del Magra, perché il 21 gennaio di quell’anno il vescovo di Luni Giovanni Montino lo consultò (doc. 27)
Come ci informa il documento 28, nel 1487 il vescovo di Luni-Sarzana Tommaso risiedeva temporameamente a Pontremoli, presso la chiesa di S. Colombano, a causa della guerra di Sarzana (FINELLI 2015, 49-52). Da qui il prelato aveva indirizzato una supplica a papa Innocenzo VIII affinché attribuisse ai documenti trascritti nel codice valore di prova nelle contestazioni giudiziarie. Dietro mandato papale il giureconsulto Tomaso Amadeo di Ferrara, in Modena, autenticò il liber, già detto all’epoca Pelavicinus, il 9 agosto 1487. In quest’atto il codice è detto composto di 408 carte, che iniziano con l’indice (attuale c. 1, fascicolo 1) e terminano con un documento del 1289 (attuale c. 408v., fascicolo 35): questo significa che già nel 1487 mancavano dal volume i fascicoli dal XVII al XX.
In un momento successivo, non noto, furono recuperati alcuni fogli di un fascicolo perduto, quasi certamente il XVII (attuali cc. 409r-414v. del fascicolo 36) e quindi inseriti in una nuova rilegatura. In questa nuova composizione al codice vennero probabilmente aggiunte le carte perdute che ora formano il fascicolo 37 contenente un libellus, tratto in parte dal Liber Magister
A una terza rilegatura dovrebbero appartenere i fogli di carta della guardia anteriore e posteriore dotati di una filigrana databile a cavallo tra i secoli XVI e XVII.
Nel 1546 era a Sarzana nell’archivio del vescovo, come attestano due documenti di quell’anno redatti nel palazzo episcopale ed estratti ex quodam libro veteri charte membrane nominato El Palavicino reperto in archivio iurium episopatus Lunensis Sarzanensis diocesis (PISTARINO 1957, p. 9). Da qui, in data sconosciuta, passò poi all’archivio capitolare, dove è attualmente conservato.
Il volume è rilegato in pelle con piatti in legno (360 * 255 * 5mm); il fondello presenta cinque nervature; la chiusura è data da una correggia con fibbia in metallo di cui non è stata ancora ipotizzata una data di fabbricazione. La guardia anteriore è formata da due fogli di carta relativi al restauro del 1984, operato presso l’Istituto centrale per la patologia del libro “Alfonso Gallo” di Roma (ACS Corrispondenza 1982-1987, n.6). Seguono 5 fogli di carta (10 cc.) con una fine vergellatura e filigrana a mezzaluna, simile a BRIQUET 1923 n. 5261 e databile alla seconda metà XVI-inizio XVII secolo. La risguardia è di un foglio di carta di epoca recente incollato sulla coperta.
La guardia posteriore è formata da due fogli di carta recente e la risguardia da un foglio di carta recente incollato alla coperta. Precedono tre fogli di carta identici a quelli della guardia anteriore (6 cc.) recanti la medesima filigrana, a loro volta preceduti da un foglio membranaceo di formato irregolare recante un crittogramma del secolo XVI (PISTARINO 1953) numerato a matita 426. I fogli cartacei del XVI-XVII secolo misurano 475 * 335 mm.
Come si cita questa pagina:
E. Salvatori, E. Riccardini, Rilegatura e conservazione <http://pelavicino.labcd.unipi.it/rilegatura/>, in E. Salvatori [et al.] (a cura di), Codice Pelavicino. Edizione digitale, 2a ed., 2020 [consultato in AAAA/MM/GG]